Carmiano, popoloso centro agricolo-commerciale di quasi dodicimila abitanti, in provincia di Lecce, è sempre stata una cittadina caratterizzata, in campo musicale, da una vivace passione per le bande musicali e per la musica bandistica. Il paese che dista 11 km a nord dal capoluogo salentino, ha forti tradizioni religiose ed è inserito nel territorio denominato “Valle Della Cupa”, rientra, inoltre nel “parco” di produzione del rinomato vino “Negramaro”. In occasione dei prossimi festeggiamenti per l’Immacolata Concezione, l’omonima confraternita di Carmiano ha organizzato la presentazione del terzo volume di “Tota Pulchra Es Maria”, interamente dedicato alla composizione musicale per banda “O Maria, fulgente nei Cieli” che nel 1952 il Maestro Giuseppe D’Elia (1878-1962), all’epoca organista del Duomo di Lecce, realizzò per il primo centenario della costituzione della confraternita di Carmiano. Il lavoro di contestualizzazione storica e di analisi della partitura del brano per piccola banda è stato affidato al compositore Biagio Putignano
che ha ereditato una copia autografa della partitura in oggetto, insieme ad altro materiale musicale degli inizi Del ‘900 a suo tempo destinato alla comunità di Carmiano. La ricerca che Putignano ha portato avanti ricostruisce un passato di iniziative culturali che esattamente un secolo fa avevano reso Carmiano un interessante centro propulsore per la musica, specialmente quella per banda e religiosa, con commissioni a diversi compositori dell’epoca, di inni, messe, piccoli oratori ed altre composizioni. La chiesa dell’Immacolata di Carmiano,
edificio di culto edificato nella metà del diciassettesimo secolo, di piccole dimensioni con stile barocco, ha un altare centrale che è opera di Giuseppe Zimbalo (1620-1710) noto architetto e scalpellino che realizzò i maggiori tesori artistico-religiosi di Lecce, ed è un capolavoro del barocco leccese.
Nella chiesa sono sepolti gli ultimi “padri celestini”, che quando furono spodestati dal governo della cittadina, nel 1806, andarono a vivere nella casa adiacente alla chiesa. La leggenda narra che un contadino dopo aver trovato in un vecchio pozzo un’effige della Vergine la mise sul proprio carretto per portarla in paese ma i buoi che tiravano il carretto si inginocchiarono e rimasero in quella posizione fin quando il contadino non levò l’effige mariana dal carro. L’episodio fu interpretato come segno divino e così il vescovo di Lecce dell’epoca, Monsignor Luigi Pappacoda, (1595-1670)
ordinò che in quel punto fosse eretta una chiesa. Domenica 1° dicembre nella suggestiva cornice di questa antica chiesa quindi, alla presenza di padre Pompilio Damiano, rettore , e
del priore della confraternita dell’Immacolata di Carmiano, dottor Pasquale Marino Grandioso
e dell’assessore alla cultura del Comune di Carmiano, dottoressa Stefania Arnesano, sarà illustrato il contenuto del volume “Tota Pulchra Es Maria”.
La presentazione sarà preceduta dall’intervento della professoressa e musicologa Mariagrazia Melucci,
mentre il M° Biagio Putignano, autore del lavoro, ricostruirà le vicende storiche che determinarono tali eventi. Infine, il Coro “Valle della Cupa”, diretto dallo stesso Maestro Biagio Putignano,
eseguirà composizioni di Giuseppe D’Elia, con la partecipazione del soprano Helena Dell’Abate,
con all’organo Davide Rausa. Giuseppe D’Elia è stato un prolifico compositore di musica sacra di stampo pre-conciliare. Ebbe una certa notorietà nella città di Lecce e nella sua provincia, poichè era spesso invitato ad accompagnare i cantanti solisti che a Lecce si esibivano per gli allestimenti di opere liriche di tradizione. Questa attività portò il D’Elia a conoscere personalmente Maria Callas, all’anagrafe Anna Maria Cecilia Sofia Kalogeropoulos, una delle più grandi interpreti del Melodramma di tutti i tempi,
ed altri importanti personaggi della lirica. Giuseppe D’Elia fu autore di varie composizioni tra cui inni, messe, litanie, lavori tipici della “riforma ceciliana” che, in nome di Santa Cecilia patrona della musica, modificò la musica sacra nell’ambito della Chiesa Cattolica. -“Non mi ritengo uno storico di professione – sottolinea il Maestro Biagio Putignano, compositore e didatta, titolare della cattedra di composizione presso il Conservatorio Musicale di Bari, che ha curato l’analisi della composizione del brano di Giuseppe D’Elia “O Maria, fulgente nei Cieli” – nè uno specialista di ricerca musicologica. Pur tuttavia ho avuto modo di acquisire informazioni su Giuseppe D’Elia sparse in tantissimi documenti e testimonianze, dopo una impegnativa ricerca effettuata sul campo. La cosa inusuale – prosegue Putignano – è che la ricerca, iniziata quasi quarant’anni fa per gioco, è stata portata a termine solo ora a seguito di un esplicito invito a rendere pubbliche le mie “scoperte”, la più sorprendente delle quali è stata quella di sapere che Carmiano
ha delle radici musicali molto antiche, che la cittadina vantava la presenza di ben tre organi a canne, oggi purtroppo non più esistenti, di una scholae cantorum, di bande musicali e di direttori e compositori di banda molto apprezzati”-.
Fabrizio Carcagni
A tal proposito pubblichiamo una interessante recensione della professoressa Annamaria Bonsante, docente di Storia Della Musica presso il Conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari, musicologa accademica.
Nel territorio della “Valle della Cupa”, a nord del capoluogo Lecce, si situa Carmiano, cittadina alla quale il Maestro Biagio Putignano dedica il terzo volume della serie “Tota pulchra es Maria” (Collana Theia Saggi), Edizioni Moon APS. Putignano, noto compositore, organista e professore, con l’iniziativa editoriale intitolata “L’Inno per il centenario della Confraternita “Maria SS. Immacolata” di Carmiano (1952)” Musica di Giuseppe D’Elia, testo di don Luigi Marino, porta a compimento un proprio studio sui paesaggi sonori del luogo, utilizzando come chiave di lettura dello specifico contesto socio-culturale una composizione extra-liturgica ancora in repertorio: l’inno “O Maria fulgente nei cieli”. La pubblicazione, scevra da intenti campanilistici e ispirata ai corretti metodi della ‘Urban Musicology’, è esemplare, in più ambiti metodologici e per più categorie di fruitori. In primo luogo spicca la sintesi sulla complessa vita musicale del piccolo centro che, per almeno tre secoli, ha sfidato con successo i linguaggi e i generi correnti; in secondo luogo qui si restituisce una inedita partitura autografa per banda sotto la rigorosa veste di una edizione d’uso moderno perfetta per l’esecuzione. In terzo luogo si pubblicano le immagini della partitura autografa, così tutelandola e valorizzandola anche come risorsa materiale. Infine si procede ad una analisi tecnica accurata dal punto di vista poetico, compositivo, organologico e liturgico. Le persone e le istituzioni che hanno lodevolmente contribuito all’edizione e alla prima presentazione pubblica sono ricordate nel volume, molto ricco anche di riferimenti bibliografici e nel corposo articolo soprastante a firma di Fabrizio Carcagni al quale rimando anche per una anteprima su alcuni contenuti del lavoro. Una partitura come questa può essere considerata non degna di riscoperta e di analisi in quanto composizione con tratti “extra-colti” e periferica?. La risposta scientifica è assolutamente negativa: una simile opera è più che degna di studio, a patto che, come giustamente accade nella pubblicazione di Putignano, il prodotto, d’autore o anche non d’autore, sia immerso in un flusso geo-storico e non sia considerato alla stregua di un’opera sopraggiunta per caso. Non avendo più senso una storiografia selettiva di repertori passati e presenti secondo graduatorie faziose o secondo meriti compositivi individuali non legati ai contesti, volumi come questi ci proiettano direttamente nella virtuosa scoperta della vita musicale dal punto di vista geo-storico, sociologico, urbano, creativo, etnologico. Ciò a beneficio non solo di un rilancio culturale e formativo del territorio, ma anche di un riscatto di personaggi dimenticati, di temi e di casi-studio prettamente musicali per nulla secondari. Apprendere e provare, dati alla mano, ad esempio, che la didattica musicale, in ambienti come quello di Carmiano (Lecce), fosse avanzata e ambiziosa per merito di esperienze dimenticate eppure efficacissime, ci incoraggia nella ricostruzione obiettiva delle identità di ceto, di genere, di censo, inquadrando tale istruzione, ad esempio, nella più generale Storia del Mezzogiorno. Ancora, analizzando l’uso di questo inno, tramandato in più versioni scritte e trasmesso anche oralmente, abbiamo la prova del fatto che cantanti solisti, “coro popolare” e orchestre di fiati si esibissero insieme, per la devozione e per la pubblica sociabilità, per di più su versi italiani (la liturgia si legava ancora solo al latino) e con strumenti non sempre accolti in chiesa. Tali aspetti di prassi sono fortemente contraddistinti e non sono sempre conosciuti dalla musicologia ufficiale. Quando ancora la liturgia era ingessata tra cecilianesimo, clima preconciliare, potere ecclesiale, i repertori para-liturgici, extra-liturgici, devozionali consentivano già l’inclusione di più fedeli, di più linguaggi e di più esecutori, che utilizzavano svariate modalità interpretative. Non resta che augurarsi che tutte le azioni scaturite dalla diffusione di questo lodevole volume, ben descritte e auspicate nella presentazione di Pasquale Marino e nella prefazione di Maria Grazia Melucci, si realizzino appieno: tanto c’è da fare e il lavoro di Biagio Putignano è un modello da tenere assolutamente in considerazione.
Annamaria Bonsante