ALLA VIGILIA DELLA SETTIMANA SANTA, APPROFONDIMENTO DI UNA DELLE MARCE FUNEBRI PIU’ SUONATE, OPERA DELL’AUTORE DI ORIGINI SICILIANE AMEDEO PATRIZIO VELLA: “Una Lagrima Sulla Tomba Di Mia Madre”. Analisi a cura di Antonio Martino

by Mimmo

Amedeo Patrizio Vella nacque a Naro (Agrigento) il 28 agosto 1839 ed è stato un compositore conosciuto soprattutto per le sue marce funebri.  Il 17 luglio 1850 , all’età di 11 anni, Vella resta orfano della madre Giuseppa. Quel grande dolore, nonostante la tenera età, lo spinse alla sua prima composizione: “Una Lagrima Sulla Tomba Di Mia Madre” che risulterà poi e resterà nei repertori musicali come un capolavoro delle marce funebri. Dopo le prime esecuzioni il brano divenne così famoso e mise in risalto le qualità compositive del giovanissimo Vella. Il compositore, che fece parte di una banda musicale militare e fu anche insignito di titoli al valor militare alla fine del 1800, ha composto oltre che marce funebri, opere sacre e ballabili. Nell’ultima parte della sua vita si trasferì in Calabria a Vibo Valentia dove insegnò musica e dove si spense  il 5 luglio 1923 all’età di 84 anni.

marce funebri, repertorio caratteristico e significativo per la settimana santa

La marcia funebre “Una Lagrima Sulla Tomba Di Mia Madre” di Amedeo Patrizio Vella è un capolavoro eseguito durante la settimana Santa. L’itinerario di approfondimento è tratto dalla partitura curata dalla casa editrice “Salvatore Pucci” di Portici (Napoli). L’immediato colore scuro proposto dai suoni lunghi dei sassofoni contralto, tenore e baritono, dal flicorno tenore, dai flicorni baritoni, bassi gravi e contrabbassi, seguito da un brevissimo movimento melodico terzinato, conduce l’ascoltatore in un’atmosfera di riflessione interiore e proietta la direzione melodica verso un momento di attesa sonora. Va evidenziato che nella partitura è presente anche il claroncino in mib sul rigo del sassofono contralto e il clarone in sib sul rigo del sassofono tenore. L’attesa viene immediatamente interrotta dall’intervento energico di tutto l’organico bandistico in aggiunta alla precedente azione iniziale: flauto, clarinetto piccolo in mib, primi clarinetti soprani (insieme al sassofono soprano), secondi clarinetti soprani, corni e flicorni contralti, primi cornette (insieme ai primi flicorni soprani), seconde cornette (insieme ai secondi flicorni soprani), tromboni, tamburo (scordato), grancassa e piatti. Il salto di quarta emerso dalla quasi totalità dell’organico sprigiona quell’energia accumulata in quel breve movimento melodico evidenziato precedentemente: l’attacco in “levare” per raggiungere l’apice sonoro conferma tale forza che man mano diluisce apparentemente la sua dinamicità poiché un secondo intervento giunge all’ascoltatore e coinvolge, ancora, tutta la banda. I due interventi sono diversi tra di loro: il primo è caratterizzato da suoni lunghi sul tempo forte mentre il secondo fondamentalmente è costruito su un elemento sincopato; la forte contrapposizione ritmica emersa tra i due micro episodi offre un considerevole impatto iniziale e alimenta una rilevante tensione uditiva per i successivi eventi compositivi. Giunge, infatti, un terzo breve episodio realizzato su un andamento discendente degli strumenti scuri sostenuti, a loro volta, da un costante “staccato”, a mo’ di pedale, realizzato dal flauto, dal clarinetto piccolo in mib, dai primi clarinetti soprani (insieme al sassofono soprano) e dai secondi clarinetti soprani. Così si conclude la fase iniziale del brano il quale ha evidenziato la molteplice vivacità compositiva dell’autore. La prima vera e propria idea tematica giunge da un levare arpeggiato discendente da parte del sassofono contralto, del sassofono tenore, dal flicorno tenore e dai flicorni baritoni; il tappeto ritmico – armonico è affidato al sassofono baritono, ai corni, ai tromboni e ai flicorni bassi gravi e contrabbassi. Il tema è caratterizzato, oltre dall’arpeggio discendente, da suoni lunghi seguiti da scale cromatiche ascendenti e discendenti: l’energia è molto controllata e trasmette una parziale pace interiore sempre dal colore scuro (tonalità minore), concede un leggero spiraglio di luce. Il primo arpeggio, sempre in levare, questa volta ascendente, presentato con un “fortissimo” dal flauto, dal clarinetto piccolo in mib, dai primi clarinetti soprani, dai secondi clarinetti soprani, dalle prime cornette introduce un breve quarto episodio sul quale intervengono, sul tempo forte, il sassofono contralto e le seconde cornette; il sassofono tenore, il sassofono baritono, il flicorno, tenore, i flicorni baritoni e i flicorni bassi gravi e contrabbassi si contrappongono a questa non nuova linea melodica e realizzano una consistente cellula ritmica che amplifica la dinamicità dell’episodio. Si snodano otto battute che generano nuova energia e illuminano per un momento il percorso melodico; si tratta di un riutilizzo del materiale ritmico presentato nella fase iniziale della composizione; anche le percussioni sono chiamate a sostenere l’iniziativa. Tale momento è utile per ricondurre, successivamente, l’ascoltatore sulla prima idea ma presentata da nuovi strumenti: il flauto, il piccolo clarinetto in mib, i primi clarinetti soprani, insieme al sassofono soprano, i secondi clarinetti soprani, le prime cornette e il flicorno tenore; il tappeto ritmico – armonico è affidato agli stessi strumenti coinvolti precedentemente. In questo contesto s’inerpica uno speculare controcanto attribuito al sassofono tenore e ai flicorni baritoni: il movimento melodico genera un “effetto eco”, tratto dalla melodia principale, e amplifica accuratamente il tema per tutta la sua durata. È utile rilevare un singolare intervento del sassofono contralto, alimentato da suoni lunghi, al fine di dilatare ulteriormente gli stessi e fissarli prepotentemente nella mente dell’ascoltatore.

Ovunque riti della Passione suggestivi

È giunto il momento della seconda idea tematica: originale, singolare, avvolgente con una nuova luce (tonalità maggiore) ben presente ma tanto controllata. Tutto questo periodo musicale, affidato al flauto, al clarinetto piccolo in mib, ai primi clarinetti soprani (insieme al sassofono soprano) e ai secondi clarinetti soprani, è caratterizzato sempre da un ritmo alimentato da crome, semicrome e rispettive pause: questi elementi, di brevissima durata, realizzano una melodia frastagliata e “singhiozzante” che si muove verso l’alto, raggiunge l’apice e si tranquillizza successivamente. La direzione ascendente dei suoni è consolidata dall’intervento delle prime cornette e dai seguenti ingressi del sassofono contralto e delle seconde cornette; tali strumenti rispondono alle esigenze di un “crescendo” dinamico legato al raggiungimento del suono più alto, riguardo l’altezza, con un “fortissimo” distribuito su tutto l’organico bandistico. In questo contesto di forte impatto emotivo non può sfuggire una contro – melodia, un controcanto, che potrebbe assumere, in certi momenti, una valenza maggiore rispetto al tema principale; ne sono protagonisti il sassofono tenore, il flicorno tenore e i flicorni baritoni. Questi strumenti con suoni lunghi e arpeggi terzinati forniscono all’ascoltatore un valido “diversivo” da contrapporre alle ance chiare.

un’immagine di un corteo processionale

Il tappeto ritmico-armonico è affidato al sassofono baritono, ai corni, ai tromboni e ai flicorni bassi gravi e contrabbassi con l’ausilio delle percussioni. La sensazione emersa, prima del finale, nonostante il colore chiaro di tutto l’assetto armonico, è decisamente poco luminosa. Vella intende evidenziare, nel suo progetto compositivo, un costante pessimismo fortemente legato al suo stato d’animo. La scala cromatica ascendente del sassofono tenore, del sassofono baritono, dei flicorni baritoni e dei flicorni bassi e contrabbassi, eseguita con un “fortissimo – staccato” innesta l’epilogo della composizione. Il flauto, il clarinetto piccolo in mib, i primi clarinetti soprani, insieme al sassofono soprano, i secondi clarinetti soprani, le prime e seconde cornette, rispondono con la stessa enfasi precedente e alimentano un brevissimo segmento​ melodico che diventa più drammatico con la sistematica apertura del salto intervallare: un momento in cui il respiro dell’ascoltatore si ferma per interiorizzare “l’urlo di dolore” che si eleva a conclusione di questo inquieto brano.

 Antonio Martino

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