TORNIAMO A PARLARVI DEI GRANDI MAESTRI DEL PASSATO TRATTEGGIANDO L’IMMENSA FIGURA DI GIUSEPPE PIANTONI. GENIO MUSICALE, COMPOSITORE ANCHE DI OPERE MELODRAMMATICHE, GRANDE PROTAGONISTA DELLA SCENA MUSICALE BANDISTICA FINO AL 1950
Giuseppe Piantoni è nato a Rimini il 18 giugno 1890 da Francesco Piantoni e da Elisa Boggero. Giovanissimo si iscrisse al Conservatorio Musicale Statale “Gioacchino Rossini” di Pesaro ed ebbe come insegnante, tra gli altri, Pietro Mascagni.
Dopo una serie di studi si trasferì all’Accademia Filarmonica di Bologna studiando presso il Conservatorio di Musica “Giovan Battista Martini” dove si diplomò in composizione e direzione d’orchestra, in pianoforte e organo. Nel 1908, a soli 18 anni, ha diretto già il suo primo complesso: la banda di Gagliano Aterno (L’Aquila). Nel 1915 partì per il fronte in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale e divenne sottotenente.
Nel 1916 sviluppò la prima composizione con “Inno a Gorizia” per pianoforte e canto, dedicato al generale Luigi Cadorna. Nel 1918 Giuseppe Piantoni compose, quindi, la prima marcia sinfonica dal titolo “Sul Montello” che dedicò al generale Armando Diaz.
Durante il servizio militare ebbe non poche vicissitudini e fu anche arrestato per diserzione poichè si era recato clandestinamente a far visita ai genitori e alla fidanzata che risiedeva in provincia di Pesaro. Il processo per diserzione, comunque si concluse bene. Fu assolto dal tribunale poichè artista che aveva anche dedicato composizioni alla Patria.
Terminato il conflitto mondiale Giuseppe Piantoni conobbe una ragazza di Soleto (Lecce), la sposò e si stabilì nel Salento avendo firmato nel 1920 un contratto che lo legava alla banda di Soleto. Piantoni ebbe tre figli: Giuseppe, morto prematuramente, Mario e Giovanni. Nel 1922 passò a dirigere la banda di Presicce, centro ancor più a sud della provincia di Lecce. Qui si adoperò per la formazione, tra incontenibili entusiasmi degli organizzatori del complesso, di una grande banda, formata da circa 70 musicisti, che durante la stagione concertistica ottenne successi a non finire. Nel 1923 Piantoni lasciò la direzione della banda pugliese per salire sul podio della banda di Frattamaggiore (Napoli) che diresse per due stagioni.
Lasciata la formazione bandistica napoletana ritornò, nel 1925, in Puglia per dirigere lo storico gran concerto bandistico Città di Conversano (Bari). Anche in questa occasione la banda che venne messa a disposizione del musicista riminese rimasto nella mente di tanti appassionati per il suo caratteristico cappello che non si toglieva nemmeno quando dirigeva, era formata da molti elementi: un organico di 60 esecutori.
Nella cittadina barese, Giuseppe Piantoni avrebbe raccolto, così, le migliori soddisfazioni e sarebbe perciò divenuto un vero simbolo della musica bandistica locale tanto che oggi una via della cittadina, un’associazione musicale e culturale ed una banda portano il suo nome. Una via al musicista riminese è stata intitolata anche dal Comune di Soleto (Lecce).
Per quattro stagioni Piantoni con la banda di Conversano portò nelle piazze il suo stile e le sue composizioni, riscuotendo notevole successo.
Nel 1929 il rapporto con la banda di Conversano si interruppe e Piantoni fu convinto dagli organizzatori della banda municipale di Castellana Grotte (Bari) che annoverava facoltosi imprenditori, a firmare un nuovo contratto in qualità di direttore e concertatore della banda di Castellana. Con questa quarta banda pugliese nelle sue mani, partecipò con enorme successo ad una serie di concorsi per complessi bandistici a Perugia, Torino, Palermo e Bologna.
Una data storica è poi quella dell’8 settembre 1932 quando ebbe la soddisfazione, quale autore, di vedere rappresentata la sua opera “Il Tizianello”, di cui oltre alla musica fu anche autore del libretto, al teatro “Niccolò Piccinni” di Bari.
In questo periodo fu particolarmente fervido nelle composizioni con 4 opere che videro la luce: “Canto d’Amore”, “L’Amore Che Torna”, “Il Gran Topazio” e “I Mietitori”. Quest’ultima, che ancora oggi viene particolarmente eseguita dalla banda “Piantoni” di Conversano, è ispirata al “Verismo”.
Chiusa l’esperienza di Castellana e desideroso di lasciare il mondo dei teatri caratterizzato da un tipo di borghesia che non sopportava, Piantoni non si spostò dalla Puglia e tornò, nel 1934, a furor di popolo, a Conversano dove si stabilì definitivamente per restare a contatto con la gente e per continuare a svolgere il suo ruolo nelle piazze popolari.
Il contatto con la gente semplice, con gli appassionati della banda furono la miglior medicina anche per i suoi problemi economici che lo attanagliarono per via dei debiti contratti per la rappresentazione dell’opera “Il Tizianello”. L’allestimento di quel melodramma al Piccini di Bari, infatti, fu fatta a sue spese.
Una parentesi se la concesse attorno al ’43 quando andò a dirigere la banda “Beniamino Gigli” di Carovigno (Brindisi) un’altro complesso dall’enorme organico con 70 esecutori.
Nel repertorio della banda brindisina figurava anche l’opera “Lohenghrin” di Wagner, la 5.a Sinfonia e l’8.a Sonata Patetica di Beethoven, il “Concerto per clarinetto” di Gottfried Mann, “Moto Perpetuo” di Paganini e le sue due opere “L’Amore Che Torna” e “I Mietitori”. In tale periodo compose anche la marcia sinfonica “Un Saluto a Carovigno”. Rientrato a Conversano si dedicò principalmente all’insegnamento ed alla composizione.
Nel 1948 le sue condizioni di salute, purtroppo, si aggravarono ma egli restò comunque legato alla banda e continuò, con grande forza d’animo, a dirigere nelle piazze fin quando alla fine del 1949 fu costretto al ritiro per motivi di salute.
Si spense, all’età di 60 anni il 29 gennaio 1950 a Conversano. La cittadina barese piombata nella tristezza più assoluta gli dedicò un solenne funerale tutto a spese della casse comunali. Migliaia di persone gremirono le strade ed il duomo di Conversano. Centinaia di telegrammi giunsero da tutt’Italia come pure appassionati d’ogni dove convennero per il rito funebre celebrato dal rettore del Seminario di Conversano Monsignor Pasquale Boccuzzi.
Nel cimitero di Conversano, dove “il Maestro col cappello” come molti lo chiamavano, è stato poi eretto un monumento funebre.
Numerosi gli aneddotti che descrivono Giuseppe Piantoni come personaggio schietto che non si lasciava passare la mosca sotto il naso. Famose, per questo le “rivalità” con i colleghi Paolo Falcicchio della banda di Gioia Del Colle e Gennaro Abbate di quella di Squinzano che, sapendo della sua spigolosità lo punzecchiavano incontrandolo nel servizio di cassarmonica nei vari centri, per il cappello che non si toglieva mai e attribuendo ciò alla sua incipiente calvizie.
A Salice Salentino (Lecce), alla fine degli anni ’40, durante una patronale, mentre Paolo Falcicchio dirigeva in cassarmonica la banda di Gioia Del Colle (Bari) impegnata nel primo pezzo sinfonico della serata, ci fu un improvviso black-out elettrico ma la banda ed il suo direttore andarono avanti con l’esecuzione, non senza difficoltà fino alla fine malgrado il buio pesto. Venuto il turno di Giuseppe Piantoni egli salì in cassarmonica e a un certo punto volutamente, messosi d’accordo con il luminarista, fece spegnere l’illuminazione. La banda di Conversano, che dirigeva, continuò a suonare al buio e Piantoni sceso dal podio si sedette sui gradini della cassarmonica e ascoltò l’esecuzione fino al termine. Giuseppe Piantoni ha lasciato un patrimonio di oltre un centinaio di pregevoli composizioni tra cui 5 opere liriche, una decina di pezzi sinfonici, concerti, tra cui un posto di primo piano spetta a “Risveglio Bandistico”, un “Gan Concerto per flicorno sopranino con elaborazioni bandistiche” composto nel dicembre 1947,
oltre 50 marce sinfoniche, ricordiamo tra queste “Vita Pugliese” in repertorio ancora oggi a numerosissime bande pugliesi e non, considerata un vero e proprio inno della Puglia e dei pugliesi, “Medea”, “Leccesina”, “Gli Amanti Del Sogno”, “Festa Patronale”, “Come Fioriscono Le Rose”; danze, notturni, sonate, composizioni per organo e marce funebri. Fu anche un grande trascrittore di musica adattata alla perfezione all’organico bandistico.
Fabrizio Carcagni