INTERVISTA A COSIMO ABBATE

by alem36

COSIMO ABBATE

E’ nato a Napoli nel 1989. Studia composizione con Peter Maxwell Davies, Chistopher Austin, Fabio Vacchi e Mauro Bonifacio seguendo, inoltre, gli studi in direzione d’orchestra con Gianluigi Zampieri, e strumentazione con Paolo Addesso, direzione per banda con Massimo Martinelli e Gianluca Cantarini .

Il suo catalogo comprende CRA.log per due violini e pianoforte; Quartetto per archi; Sonata per violoncello e pianoforte; Woonteckt per flauto, oboe, clarinetto e fagotto; Ottetto per flauto, clarinetto, pianoforte e quintetto d’archi; Metaphonési per oboe solista, flauto, clarinetto, fagotto e contrabbasso; Tango per quintetto d’archi. Particolarmente vicino al mondo della strumentazione per banda in veste di direttore e orchestratore, le sue elaborazioni per sax sono tratte dal repertorio di Gesualdo da Venosa, Verdelot, Scarlatti, Ravel, Cilea, Ligeti. Autore del saggio “Semiografia contemporanea per Sassofono”, scrive regolarmente per la rivista Live Performing and Arts (articoli Il nuovo paradigma di Boulez, Gustav Holst e la Banda musicale, Cinque acquarelli drammatici: i Cinque Pezzi op.10 di Anton Webern, Determinismo e volontà in Pierre Boulez, Xenaxis compositore del divenire). Segretario dell’associazione musicale Fine String, è avvocato civilista specializzato nei settori del diritto d’autore e dello spettacolo.

Il suo brano finora più influente è “Ottetto per flauto, clarinetto, pianoforte e quintetto d’archi”. Come è nato?

-<Curiosamente Ottetto è tra le mie composizioni quella su cui mi sono meno soffermato retrospettivamente. Posso ritenere quest’opera frutto di una ibridazione tra la ricerca compositiva portata avanti nei miei precedenti lavori e gli studi di composizione con Fabio Vacchi. Lui possiede una
mirabile tecnica compositiva che, nonostante si sviluppi in un linguaggio sostanzialmente atonale, è capace di trarre suggestioni emotive di grande intensità. Il mio obiettivo era quello di approntare un lavoro dove il gioco geometrico e il carattere labirintico sublimassero in una trama tersa di chiaroscuri. Il brano nasce  su una dichiarata suggestione raveliana e al suo Introduction et Allegro per settimino. Era inoltre nelle mie intenzioni approntare una scrittura pianistica in cui il pianoforte avesse, nel tessuto sonoro, pari peso rispetto agli altri strumenti dell’ensemble: invero la gestualità del piano in questo pezzo può rimandare in molti momenti a quella di una oscura arpa ed è evidente l’influenza di molta musica francese. Ad oggi guardo Ottetto come ad un pezzo fondamentale della mia produzione e di passaggio verso una concezione etica ed estetica molto differente>.

Nei suoi lavori, specie in Metaphonèsi per oboe solista, flauto, clarinetto, fagotto e contrabbasso, si sente un’influenza della Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività) di stampo hindemitiano, lontano dal Mediterraneo. “Tango per quintetto d’archi”, invece, esplora i colori latino-americani.

-<Considero Metaphonési per certi versi il centro della mia produzione musicale. Il gusto così spoglio di questo lavoro sembra nascere quasi in opposizione a quello terso ed esornativo di Ottetto e, in qualche modo, ritengo questi due lavori collegati e posizionati su livelli paralleli. A un livello psicologico più superficiale si colloca proprio Ottetto: è il “livello della ferita”, della rappresentazione del trauma che si manifesta in forma di labirinto dal quale non c’è via d’uscita. Con Metaphonési è, invece, come se volessi portare l’ascoltatore ad un livello di introspezione psicologica più profonda, quasi sublimale. È forse per questo che rinvieni nella composizione un carattere più oggettivo – termine questo problematico da declinare per il mondo della musica che rappresenta per definizione un ambito inoggettuale rispetto al mondo delle arti figurative. Da un punto di vista prettamente strumentale questo lavoro è figlio della mia predilezione per gli strumenti a fiato. Ho provato a portare avanti quanto avevo già sperimentato con Woonteck, vale a dire una certa ricerca timbrica su dissonanze che sviluppano a vari livelli di registro dei diversi strumenti. Ritengo il quartetto di legni una formazione molto congeniale alla mia scrittura e poco esplorata ed ho già in programma per il futuro di tornare a scrivere per questo organico. Tango è un pezzo d’occasione. L’ho scritto per la Festa della Musica di Napoli. Peraltro la registrazione a cui fa riferimento rappresenta in realtà una strumentazione per archi di questo lavoro che nasceva in origine per ensemble di clarinetti e timpani (un caso di strumentazione a contrario). È un divertissement dove si sente meno la pressione della riflessione sul percorso stilistico e ci si avventura liberamente in territori diatonici, o modali come nel caso specifico. A distanza di anni sono tornato sul tango come singolo movimento all’interno di una composizione più ampia e strutturata aggiungendovi un più ampio gradiente di complessità e l’utilizzo di tecniche estese. Spero potervelo sottoporre a breve>.

Il compositore Cosimo Abbate

Quali sono stati i suoi modelli stilistici?

-<Bartok. Non tanto e non solo per la ricerca etnomusicologica di cui si è detto e scritto molto, ma principalmente per la sua sagacia e il gusto inventivo: penso a molti momenti musicali come il Gioco delle Coppie dal Concerto per orchesta o il secondo movimento (Presto con sordino) del Quartetto per Archi n.4. Adoro questa capacità di giocare con l’ascoltatore, questo gusto di declamare un fine discorso, facendolo quasi con sottile ironia. E aggiungo il Boulez post serialismo integrale (quello di Répons, Dérive e Messagesquisse) per la sua capacità di sintesi dei linguaggi della prima metà del ‘900 e il Ligeti di Lontano e del Doppio Concerto>.

Quirino Principe ricordava recentemente che la grande musica del XXI secolo non era di David Bowie ma di Pierre Boulez. Essendo lei saggista è difficile scrivere di musica?

-<Sebbene mi sia approcciato alla saggistica in tempi più recenti rispetto alla
composizione, considero entrambe le attività non solo molto complesse e affascinanti, ma per certi versi simili: bisogna rispettare le premesse date, sviluppare il discorso in maniera coerente, porsi in senso dialettico con la storia e i precedenti. Ritengo forse la composizione musicale più complessa perchè richiede uno sforzo di astrazione maggiore rispetto alla scrittura saggistica>.

Lei è campano, con un cognome importante.  Leggendo la sua biografia si nota l’ottimo rapporto con la banda.

-<Considero, orgogliosamente, la banda uno degli elementi fondanti della mia formazione musicale e penso che nessun musicista dovrebbe rimanere indifferente a questo mondo che ha tanto da offrire sia all’esecutore che al compositore-direttore. Mi ritengo peraltro un convinto sostenitore della banda vesselliana: un organizzazione scientifica rispetto alla grande orchestra che rappresenta per certi versi il frutto di una vera e propria stratificazione storica che procede dal nucleo di archi corelliano fino alla conquista delle percussioni nel ‘900. La struttura vesselliana con la sua separazione tra ottoni chiari e scuri e la grande intuizione di completare i timbri nei diversi registri frequenziali, rappresenta un compiuto sforzo di organizzazione della compagine musicale tale da poter affrontare le più complesse pagine del repertorio sinfonico, fornendo al compositore-strumentatore una tavolozza di colori dalle sfumature pressochè infinite. Da ultimo ci tengo a sottolineare quanto per noi del Sud Italia la banda rappresenti un forte elemento di identità storica e da questo punto di vista ritengo siano necessari degli sforzi, anche di tipo legislativo, volti a tutelare questo vero e proprio patrimonio nazionale>.

Cosa pensa dello streaming, nuovo strumento di fruizione e come vede il futuro della musica?

-<A mio modo di vedere ogni singola espressione artistica è dotata di una sua precisa vibrazione. L’arte è arte in quanto capace di entrare in risonanza con l’ascoltatore o il fruitore. Da questo punto di vista la fruizione digitale rappresenta una sorta di indebolimento di questa funzione dell’arte, di questo vero e proprio processo di connessione che si instaura tra l’opera e il fruitore. Tuttavia sono anche figlio del mio tempo, figlio della generazione dei CD e oggi di YouTube e Spotify e considero questi strumenti, di cui sono io stesso fruitore, utilissimi ma pur sempre complementari rispetto all’indispensabile fruizione dal vivo. Il prossimo cambiamento della musica colta occidentale, forse già in atto, sarà presumibilmente il passaggio da una dimensione tecnica a quella totalmente spirituale. Assisteremo a un forte sviluppo della musica in connessione con altri ambiti del sapere: musica e medicina, musica e biologia, musica e botanica, musica e psicologia>.

Progetti  a breve e lungo termine?

-<Un concerto di miei arrangiamenti per quartetto di sax, la registrazione a settembre di un cd omaggio a Ennio Morricone con l’orchestra dell’associazione Fine String e, a novembre, un concerto del Quartetto
Felix all’interno della stagione del Dissonanzen Ensemble>.

Paolo Martina

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